Contrariamente alla canzone RS 164, questo testo non critica la prudenza dei capi della spedizione dopo l’episodio di Gaza e non sembra accordarsi con la posizione dei baroni. Si tratta piuttosto del punto di vista dei piccoli cavalieri poveri (bachelers e vavasours, vv. 31-32), che stigmatizzano le invidie tra i baroni e le improvvide iniziative personali dall’esito disastroso (vv. 7, 11-14, 43-46), ma al contempo non apprezzano l’inerzia e l’inattività prolungata (vv. 5-6, 21-24, 31-40). Malgrado la disapprovazione espressa per la sortita di Gaza, la canzone si chiude con una preghiera per la liberazione dei prigionieri. Va rilevato in particolare il realismo espresso nei versi, quasi una didascalia degli eventi narrati dalla cronaca che li contiene, che permette di conoscere lo stato d’animo e le opinioni dei partecipanti alle ultime crociate. Le motivazioni ideali non sembrano più così chiare, e in ogni caso non vengono messe in primo piano; prevalgono invece preoccupazioni più mondane e pratiche: le ambizioni di gloria personale dei singoli baroni, i problemi dei costi elevati delle spedizioni e le difficoltà economiche dei piccoli cavalieri.

L’anonimo autore dei versi non doveva essere del tutto sprovvisto di cultura, se si tiene conto che grazie al suo schema metrico questo testo s’inserisce in una rete di riferimenti letterari che non possono essere casuali. Egli doveva conoscere almeno la canzone RS 1135 di Moniot d’Arras, della quale riprende le rime delle prime tre strofi (e anche l’espressione que q’en die dell’incipit), ma non è da escludere, vista l’applicazione dello schema metrico a una canzone di crociata che esprime posizioni polemiche, un’influenza del sirventese occitanico BdT 461.247. Resterebbe da sciogliere il nodo dell’identificazione del conte di Bretagna autore di alcune canzoni liriche, spesso condite di varie irregolarità formali, una delle quali imita lo schema metrico e le rime della RS 1133; alcuni studiosi propendono per Pierre Mauclerc, protagonista della crociata dei baroni, mentre Bédier sostiene la candidatura del figlio Jean (sposo di Bianca, figlia di Thibaut de Champagne), con argomenti che tuttavia non appaiono definitivi (Bédier 1928, pp. 477-482; si noti per esempio che la Continuation Rothelin continua a chiamare Pierre Mauclerc conte di Bretagna, benché il figlio gli fosse succeduto nel 1237). Se il conte di Bretagna autore delle liriche fosse identificabile con il crociato Pierre Mauclerc, non sarebbe inverosimile ipotizzare che possa trattarsi del vero autore della canzone RS 164, nella quale si trovano le stesse irregolarità metriche e rimiche che caratterizzano il piccolo corpus attribuito al conte di Bretagna, e che esprime in ogni caso posizioni che ben si accordano con il personaggio, con il vantaggio che, al contrario di Philippe de Nanteuil, egli non fu fatto prigioniero a Gaza.

7-8Questi versi sembrano confermare la morte del conte Enrico II di Bar-le-Duc a Gaza, che la stessa cronaca mette in dubbio nelle pagine precedenti (Cont. Roth. p. 546), ma che le altre fonti certificano. Si veda la nota al v. 20 della canzone RS 164.

13-15Il problema delle invidie e delle divisioni interne al fronte dei crociati, già emerso in modo evidente durante la prima crociata, sembra attenuato o comunque applicabile al solo livello dei sovrani nelle crociate del XII secolo, ma riesplode nel secolo successivo diventando particolarmente evidente durante la crociata dei baroni, come testimoniano tutte le fonti e soprattutto la Continuation Rothelin (si veda l’ottima sintesi di Balard 1989 e Lower 2005, pp. 167-175).

21-24Più che all’inettitudine dei capi della spedizione – critica che molti storici non hanno risparmiato a Thibaut de Champagne – l’autore della canzone sembra attribuire la causa dell’inattività principalmente alle divisioni e alle invidie interne al fronte cristiano e alle iniziative personali dei baroni.

28Emerge anche in questo testo, come in RS 164, la sottolineatura dell’elemento nazionale francese (si veda anche il v. 41), che caratterizza l’esperienza delle ultime crociate.

31-40I baccellieri sono giovani cavalieri o aspiranti tali, generalmente privi di feudo e destinati all’attività militare al servizio di un signore; i valvassori costituiscono uno dei gradi più bassi della gerarchia feudale, titolari di un piccolo feudo sul quale non possono esercitare pieni diritti, poiché alcuni di essi restano appannaggio dei signori di grado superiore, e tenuti comunque a prestare un servizio militare al proprio signore. Il particolare sistema ereditario dei feudi comportava frequentemente l’impoverimento di queste due classi, e l’equazione tra valvassori e povertà è spesso presente nella letteratura cortese, che in alcuni casi tende ad esaltare la dignità e la nobiltà d’animo degli appartenenti a queste classi (Köhler 2000). Si vedano per esempio i romanzi di Chrétien de Troyes e la canzone di Bertran de Born BdT 80.37, 12-22. Gli appartenenti alla piccola nobiltà erano inoltre spesso costretti a impegnare e ipotecare le loro terre per procurarsi il denaro necessario al finanziamento della spedizione (Cazel 1989), fenomeno al quale fanno riferimento i vv. 33-34. Questa strofe sembra solidarizzare proprio con le classi inferiori della società feudale, alle quali appartiene verosimilmente lo stesso autore.

41-47Questi versi sintetizzano bene da un lato l’atmosfera di disillusione per l’esito sempre più negativo che vanno assumendo le spedizioni in Terra Santa, e dall’altro la residua speranza in un intervento divino, che solo può garantire il successo delle operazioni.