La canzone consta di due strofe in forte contrapposizione tonale tra loro, secondo la tecnica dialettica tipica per esempio del trovatore Marcabru e in generale del discordo. La prima strofa è piuttosto tradizionale e giunge fino all’esaltazione quasi religiosa della donna (che varrebbe più del paradiso); la seconda invece è fortemente misogina e si fonda sulla critica dell’indifferenza e della volubilità della dama.

1Il verso incipitario è ripreso in modo identico all’inizio della strofa francese del discordo plurilingue di Raimbaut de Vaqueiras BdT 392.4. Nella stessa strofa vengono riprese anche altre tre parole-rima della prima strofa di Conon (entiere, maniere, guerriere). Si tratta di una conferma indiretta della disposizione del testo dei mss. MT, gli unici a riportare in prima posizione la strofa che comincia con Bele doce dame chiere. La tecnica della canzone cum auctoritate, adottata da Raimbaut de Vaqueiras nel suo discordo, predilige infatti la citazione dei versi incipitari. Si può aggiungere che anche la canzone RS 778 di Raoul de Soissons (Chanson legiere a chanter), che imita il verso incipitario della RS 629 di Conon, contiene numerosi riferimenti alla RS 1325, sempre tratti dalla prima strofa di MT.

4-5Sul motivo della rinuncia al paradiso per amore della dama si veda per esempio Thibaut de Champagne RS 1727, 13-14: [...] qu’estre ne voudroie / en Paradis, s’ele n’i estoit moie e RS 1479, 53-54: si me vaudroit melz un ris / de vous qu’autre paradis; Raoul de Ferrières RS 818, 43-44: mieus en ameroie un baisier / ke la joie du paradis; Guillaume d’Amiens RS 1004, 39-40: que muels qu’en paradis lassus / m’ameroie entre ses dous bras; RS 1185, 53-54: que, se nue la tenoie, / n’en prendroie paradis.

8La triplice ipometria dei vv. 8, 9 e 12 in MT, in corrispondenza di forme del congiuntivo imperfetto di estre, fa pensare che l’autore attribuisse a tali forme un valore trisillabico (forse per analogia con le forme deboli settentrionali in -euï, per cui si veda Gossen 1976, § 73; se ne può trovare un esempio in Roman du Châtelain de Coucy, 7806: mais, s’encore vivre peuïsse, / tout mon vivant siervans fuïsse).

9L’uso di a col senso di vers (che è la lezione alternativa di U) sembra un tratto distintivo della lingua dell’autore, come si può vedere in RS 1314, 31 e RS 1574, 16, e com’è confermato anche dalla ripresa quasi identica di questo verso nella strofa guascona del discordo di Raimbaut de Vaqueiras (v. 28: ab que no·m hossetz tan hera).

17L’unico riferimento alla Terra Santa contenuto in questa canzone non appare facilmente spiegabile né a livello storico né a livello diegetico. Wallensköld, nel suo tentativo di collocare le canzoni all’interno della biografia del loro autore, inserisce la RS 1325 nel gruppo di testi che testimonierebbero il tradimento della dama, in qualche modo legato alla sua partenza per la Terra Santa (Wallensköld 1891, p. 108). Ma si è già visto che tale tipo di lettura storica non può essere applicata in modo automatico alla letteratura medievale, tanto più che vi sono fortissimi dubbi circa la reale partecipazione di Conon de Béthune alla terza crociata. Questo accenno contribuisce unicamente a mettere in evidenza la presenza costante della Terra Santa e dell’esperienza della crociata nell’opera del troviero, senza che se ne possa trarre alcun tipo di implicazione o conclusione.

18Si veda l’analogia con RS 1229, 24: por c’est tricheresse vaire, nel contesto di una canzone che mostra più di un punto di contatto con il testo di Conon (si veda per esempio anche il v. 9: Helas, je ai dit folie, in relazione a RS 1325, 14 e il v. 55: por li m’en vois en Egypte in relazione a RS 1325, 17).

22-23Metafora ironicamente ispirata dalle litanie della Vergine (refugium peccatorum), che riprende con tutta probabilità l’abat Saint Privat usato come allusione sessuale da Marcabru BdT 293.25, 72-73 (l’“abate” rappresenterebbe in questo caso il membro maschile). Le due espressioni condividono infatti un legame formale (l’uso identico dell’enjambement) e uno semantico tra le etimologie latine di Privat (privatus “escluso, privato, sprovvisto”) e di souffraitous “miserabile” (da suffractum, suffringĕre “spezzato, distrutto”). Per altri echi del sirventese marcabruniano nel testo di Conon si veda Barbieri 2013, pp. 273-274.

24Gli studiosi tendono ad accettare la lezione corretta ma banale di O (si ne vous amerai mie), ma l’alternativa nomerai di MT costituisce senza dubbio una lectio difficilior e nasconde probabilmente un’interpretazione più interessante. Si vedano le possibili interpretazioni suggerite in Barbieri 2013, pp. 275-276.