Studiosi come Bédier 1909, 15, Dijkstra 1995, 67, Mölk 2001,686 concordano nel dire che l’autore della canzone sia un cavaliere che si rivolge ai suoi pari, per la frequenza dei rimandi al mondo cavalleresco e per l’ignoranza manifestata nell’ultima strofa localizzando sul Sinai la tomba di Mosé (di cui non si conosce il luogo della sepoltura, Deut XXXIV, 5-6). Al contrario, penso che il poeta sia un chierico, molto probabilmente presente ad entrambe le assemblee, di Bourges e di Vézelay, e ben indottrinato dalle prediche e dai messaggi divulgati in quelle circostanze. La predicazione di san Bernardo si rivolgeva soprattutto ai guerrieri e ai grandi feudatari, e il papa stesso voleva essenzialmente una crociata di francesi guidata dal loro re Luigi VII. Questo spiegherebbe il ricorso continuo al lessico feudale e cavalleresco (vv. 1, 2, 5, 43, 44, 49, 53) e il fervore nella chiamata al votum crucis, tanto più che i cronisti riferiscono che la esternazione di Luigi VII a Bourges fu accolta molto freddamente dai suoi baroni (vd. nota al. v.17). L’appello doveva dunque essere modellato sui destinatari e non necessariamente fare sfoggio di cultura clericale: la figura di Mosé era emblematica della liberazione dalla schiavitù, lo stesso san Bernardo lo paragonava al Signore «et quidem Moysen loquens, sed Dominum intuens. Ipse enim verus est Moyses, qui vere per aquam venit, et non in aqua tantum, sed in aqua et sanguine» (Bernardus Claravallensis, Sermones in Cantica Canticorum, sermo LVI, PL CLXXXIII,1047). L’origine del poeta deve dunque essere francese del Nord, e in questo concordo con Bédier 1909, 3-4, e Gelzer 1928, 447 e 1953, il quale aggiunge che sarebbe stato d’altra parte inverosimile che un poeta anglo-normanno avesse potuto sentirsi talmente appassionato per un’impresa nella quale l’Inghilterra non era coinvolta. Anche la lingua del testo confermerebbe una origine continentale del poeta.

Per quanto invece riguarda l’autore della copia, Bédier e Gelzer si dividono sulla localizzazione di alcuni tratti grafico-fonetici (aveir al v. 6, reis al v. 27, la generale chiusura del timbro delle /o/ in posizione atona e tonica e il mancato rispetto della declinazione bicasuale; la riduzione a -ez dell’uscita -iez in forme come preisez 18, drecez 20 etc.) che secondo Bédier denuncerebbero una patina linguistica anglo-normanna, e perciò imputabile al copista, mentre secondo Gelzer 1928, 447, sarebbero facilmente riconducibili a un’origine occidentale, pittavina (individuata soprattutto nella forma seguit del v. 73, per l’uso della labiovelare sonora in un esito da sequere, estraneo all’anglo-normanno, ma attestato anche nel Poitou). Dello stesso parere di Bédier, circa l’origine anglonormanna del copista, si rivela Mölk 2001, 680, che concorda invece con Gelzer per un’origine sud-occidentale del poeta, sottolineando anche la importante presenza di Eleonora d’Aquitania al fianco di Luigi VII e gli intensi coinvolgimenti di Aquitani e Pittavini alle Crociate, Mölk 2001, 686. Inoltre, sulla base del toponimo Avesnes (oggi Avesnes-sur-Helpe nell'Hainaut), dell’annotazione latina scritta da una mano di inizio XIII secolo nel margine inferiore del f. 84v: «domina mea debet domino petro de a auesnes XV solidos et IIII denarios et VII libras», lo studioso colloca fisicamente nella regione settentrionale di Francia (Normandia orientale, Piccardia, Artois, Hennegau/Hainaut), e ai primi del XIII secolo, la parte centrale e originaria del codice amploniano, compresa la canzone di crociata (Mölk 2001,674).

1La presenza del lessico feudale ci segnala la composizione dell’uditorio della canzone: l’aristocrazia francese restìa a impegnarsi nella nuova spedizione che il Papa voleva espressamente composta da guerrieri. La voce che canta si rivolge direttamente a loro (1-2 Chevalier, … Deu a vus fait sa clamur; 17 Chivalers, cher vus purpensez?, 18 Vus, ki d'armes estes preisez, 20 ki pur vus fut en cruiz drecez, 41 ore vus mande, 44 ore lur rendez lur guerredum).

3Turs, Amoraviz: per Bédier 1909, 12 gli Amoraviz appartengono alla tribu dell’Atlante che aveva occupato i regni di Fez e del Marocco e aveva invaso alla fine del secolo XI e nei primi anni del XII, parte della Spagna: «C’est sans doute sous l’influence des chansons de geste que le nom d’Amoraviz a pu être appliqué aux Arabes de Syrie». Mölk 2001, 686, nota al v. 3, trae dalle testimonianze dei cronisti locali le designazioni di Turs e Chaneleus (v. 41) per gli abitanti delle regioni settentrionali e centrali della Terrasanta, e Saragins (v. 75) per coloro che occupavano l’area meridionale.

9ore : l’avverbio di tempo che scandisce nel refrain l’esortazione a partire, e che ritorna insistito nella quarta strofe ai vv. 41 e 44, ricorda l’«Ecce nunc» ripetuto da san Bernardo nel primo periodo della Epistola 363 del 1146: «Ad Orientalis Franciae Clerum et Populum. Ad arma contra infideles pro defensione Orientalis Ecclesiae suscipienda hortatur» (PL CLXXXII, 565): «Ecce nunc, fratres, acceptabile tempus, ecce nunc dies copiosae salutis», che riprende la seconda Epistola di Paolo ai Corinzi 6,2: «ecce nunc tempus acceptabile, ecce nunc dies salutis».

od Loovis: lo stesso appello era stato fatto da Goffredo di Langres a Bourges nel Natale del 1145 : «monens omnes ut cum rege suo ad subveniendum Christianis Regi omnium militarent» (cfr. Oddone di Deuil, De profectione Ludovici VII in orientem, in forma di epistola all’abate Suger, PL CLXXXV,1205; Gingerick Berry 1948, Waquet 1949).

10Bédier 1909, 12, ha inteso mar come l’espressione derivata da mala hora, senza tuttavia conferirle il senso negativo che solitamente comporterebbe; preferisce infatti tradurre con una interrogazione: «(Qui s’en ira avec Louis,) qu’a-t-il à redouter Enfer?».

n’avarat : il fenomeno dell’inserzione di una vocale parassita (schwa senza valore sillabico) nei nessi muta cum liquida, non è fenomeno unicamente anglo-normanno ma anche dei dialetti continentali delle regioni settentrionali, cfr. Pope 1952, § 1320, xiii (Wallonia, Artois e Piccardia), e Floquet 2012. Mölk 2001, 680 considera invece n’avarat una forma sgrammaticata, segno indiscutibile della provenienza inglese del copista a cui sarebbe dovuto l’accrescimento vocalico («Sproßvokals»), rimandando a Pope 1952, § 1173.

11Pareïs: Eugenio III, a chi avesse intrapreso e compiuto devotamente il sanctum iter, concedeva l’assoluzione di tutti i peccati dopo la conversione, e il frutto di una sempiternae retributionis, cioè il Paradiso: «Peccatorum remissionem et absolutionem, … concedimus, ut qui tam sanctum iter devote incoeperit et perfecerit, sive ibidem mortuus fuerit, de omnibus peccatis suis, de quibus corde contrito et humiliato confessionem susceperit, absolutionem obtineat, et sempiternae retributionis fructum ab omnium remuneratore percipiat» (PL CLXXX, 1065-1066).

La promessa del Paradiso per chi andrà a liberare i luoghi santi si ritroverà più tardi in molte delle canzoni di crociata, come all’inizio di RS 1582, 1 e in RS 1020a=1022,16; e poi in Conon de Béthune RS 1125,15; Thibaut de Champagne RS 6, 4; Huon de Saint Quentin RS 1576, 11 e, in area trobadorica, Guillem de Mur BdT 226.2, 7-8: «que Jhesu Crist en tan bon luec los meta / en paradis quon li siey martir so».

13Rohais: la presa di Edessa e la distruzione dei siti cristiani nella contea (les mustiers ars e desertez, v. 15) suscitò grande scalpore (ben le savez, v. 13) anche tra i trovatori, cfr. Cercamon in Puois nostre temps comens’a brunezir (BdT 112.3a), ai vv. 45-48: e s’i es pros, yssira ves Roays, / e gurpira lo segle perilhos, / et ab aitan pot si liurar del fays, / qu’assatz en fai trabucar e perir.

Fu inoltre l’argomento principe degli appelli alla seconda crociata, si veda ad esempio l’accenno all’infervorato appello del vescovo di Langres a Bourges nel Natale del 1145, di cui si è detto supra per il contesto storico.

14esmaïz: la misura dell’ottonario si ottiene senza alcun intervento; Meyer 1874,366, Bédier 1909,8 e Mölk 2001 pongono in rima esmaiez, considerando l’assenza della e una mancanza del copista, come avvenuto al v. 32 con pen‹e›t (cfr. Mölk 2001, 679).

Per le parole in rima successive preisez : drecez, che si si alternano nella str. II, con quelle in -iez/-ïz, cfr. Bédier 1909, 4, che sottolinea come questo sia a dimostrazione dell’origine continentale del poeta, perfettamente a conoscenza della differenza fonetica delle due uscite.

17Chivalers, cher vus purpensez? Al contrario degli altri editori, si è preferito inserire una interrogativa retorica a fine verso, che pare molto coerente alle domande che nel 1146 Bernardo rivolgeva all’aristocrazia esortandola a partire. Cfr. l’Epistola 363 (PL CLXXXII, 565), nel secondo periodo: «Quid facitis, viri fortes? quid facitis, servi crucis?». D’altra parte anche Oddone de Deuil si era espresso sulla non immediata adesione al progetto di Luigi VII da parte dei baroni di Francia: «Tamen quod serebant, verbo episcopus, rex exemplo, non illico messuerunt» (PL CLXXXV,1205).

19a Celui voz cors presentez: Bédier offre la traduzione: «offrez vos corps en présent à celui», che ho ritenuto meno plausibile perché qui si chiede innanzitutto di schierarsi e combattere prima di immolarsi a Dio.

voz cors: sintagma che indica il pronome personale: ‘voi, voi stessi’; si veda anche al v.37: sun cors ‘sé stesso’.

26ll verso è un settenario. Meyer 1874, Bédier 1909, e Mölk 2001 integrano con: ki plus ad que vus [nen] avez; Gelzer 1953, con ki plus [en] ad que vus n’avez; Tischler 1997, con ki plus [n’en] a que vus n’avez.

27ll verso è un settenario. Gli editori precedenti sono variamente intervenuti : Meyer 1874, seguito da Gelzer 1953, stampa riches reis [est] et poëstiz; Bédier 1909, sulla scorta di un’«Excellente correction» che Gaston Paris aveva scritto in margine del suo esemplare del Manuel d’anciens textes di Paul Meyer, pone a testo Riches est e poesteïz (cfr. Bédier 1909, pp. 12-13, nota al verso); il sost. reis è stato recuperato dallo studioso al verso successivo (v. 28 altres reis curunez). Lo seguono Tischler 1997 (che stampa riches reis e pöesteïz) e Mölk 2001.

29Deguerpit ad e vair e gris: cfr. Guglielmo IX, Pos de chantar m’es pres talenz (BdT 183.10), vv. 41-42 : Aissi guerpisc joi e deport / E vair e gris e sembeli; in ambito oitanico si veda Guiot de Dijon, Chanterai per mon corage (RS 21), v. 44: par desoz mon mantel gris. Sulla dittologia vair e gris ricorrente anche in alcuni testi del Duecento italiano di area settentrionale, cfr. Lannutti 1999, 30. Di particolare interesse è il testo didattico-religioso in versi, degli inizi del XIII secolo, del cremonese Uguccione da Lodi, Libro, vv. 62-64: «Quel qe fosse segnore dal levant al ponente, / dig vair e de li grisi, de l’or e de l’arçente / le vile e li casteli aves en tenimente», cfr. Contini 1960, I, 600-624.

Per quanto riguarda l’ambito storico, è necessario rifarsi alla bolla papale Quantum Praedecessores del dicembre 1145: «Praeterea, quoniam illi qui Domino militant nequaquam in vestibus pretiosis, nec cultu formae, nec canibus, vel accipitribus, vel aliis, quae portendant lasciviam, debent intendere, prudentiam vestram in Domino commonemus, ut qui tam sanctum opus incipere decreverint, nullatenus in vestibus variis aut grisiis, sive in armis aureis vel argenteis intendant, sed in talibus armis, equis, et caeteris quibus infideles expugnent, totis viribus studium et diligentiam adhibeant» (PL CLXXX:1065). Caspar 1924, 297, seguito da Schöber 1976, pensa che il riferimento a vestibus variis aut grisiis sia un’interpolazione da parte di chierici cisterciensi nella versione successiva della bolla papale, conosciuta come Universos Dei fideles, redatta da Eugenio III nel marzo del 1146, inserita ad hoc ed espressamente dedicata ai signori francesi notoriamente dediti al lusso. Tuttavia, già nell’Epistola di Oddone di Deuil a Suger (De profectione Ludovici, libellus primus, PL CLXXXV,1205) si legge che a Bourges il re aveva già assunto l’atteggiamento del penitente: «Ardebat et lucebat in rege zelus fidei, contemptus voluptatis et gloriae temporalis, exemplum omni sermone praestantius» (cfr. Gingerick Berry 1948, Waquet 1949).

32ki pur nus fut en croiz pen‹e›t : rispetto alla strofe II (v. 20 ki pur vus fut en cruiz drecez!), l’appello si allarga all’intera comunità dei cristiani. Si è preferito lasciare a testo la lezione manoscritta pen‹e›t rispetto agli editori precedenti che hanno stampato penez.

Si è ristabilita la assonanza con l’inserzione della vocale ‹e› non trascritta.

37Judeus, con conservazione della dentale intervocalica, è forma dell’antico piccardo, si veda FEW s.v.

41mande : presente indicativo di mander con significato ‘mandare a dire, far sapere’. Si veda anche al v. 51.

Chaneleus : secondo Meyer 1878 il termine doveva essere entrato nell’uso popolare per indicare ‘felloni, traditori’ attraverso l’epica, che lo impiega quando deve indicare delle popolazioni orientali, a sua volta influenzata dalla caratterizzazione non positiva che nella Bibbia si dà dei Cananei. Bédier pensa piuttosto agli antichi sermoni e ai testi liturgici (Bédier 1909, 14, riportando anche degli esempi). Una falsa etimologia aveva poi collegato la parola a canis, facendola entrare nel sistema lessicale ingiurioso rivolto ai pagani e agli infedeli.

Chaneleus e 75 Saragins: la designazione dei due popoli si ritrova insieme anche in Peire Vidal nella canzone composta in Occitania dopo la caduta la caduta di Gerusalemme il 3 ottobre 1187, cfr. Peire Vidal (BdT 364,4), 53: que·lh Sarrazi, deslial Caninieu (Avalle 1960, II, 338-339 e Paterson 2013 in Rialto).

42Sanguin, li felun: si tratta di Zenghi, atabeg di Mosul e di Aleppo. Considero li felun, caso retto maschile plurale, riferito anche ai Chaneleus.

49il verso è un senario. Meyer 1874, seguito da Bédier 1909, integra con turnei [en]pris; Tischler 1997 lo segue.

turnei : l’immagine della crociata come un torneo si ritrova nella anonima chanson de départie dialogata Douce dame, cui j'ain en bone foi (RS 1659), ai vv 6-7: aleir m’en veul a glorïous tornoi / outre la meir. Mi pare che il termine, nel senso di ‘torneo’, sia perfettamente coerente al contesto cavalleresco che intesse la canzone (a cui aggiungerei anche i vilains jeus del v. 43 ‘combattimenti sleali’). Mölk 2001, 689 opta per il significato in chiave allegorica di ‘lotta’ entre Enfern e Pareïs, collegando il distico (vv. 49-50) all’opposizione allegorica tra Gerusalemme (Paradiso - cristiani) e Babilionia (Inferno - infedeli) e alla pugna spiritualis su cui san Bernardo insisteva nelle Sentenze, nei Sermoni e nelle Parabole: «Inter Ierusalem et Babyloniam ordinatae sunt acies ad bellum», senza tuttavia trovarvi la visione escatologica presente nella canzone. Sul torneo, si veda anche Mölk 1986, 277-287.

52Il verso è un settenario. Tischler 1997 vuole ovviare alla misura del verso integrando [cil] ki lui volent guarantir.

53Gli studiosi che mi hanno preceduto hanno variamente interpretato questi versi. Meyer 1874, seguendo Haupt 1846, pensa che si tratti di una strofa interpolata con un frammento di un’altra canzone, anch’essa relativa alla crociata del 1147, e pubblica il testo esattamente come tràdito, cioè gli undici versi trascritti senza soluzione di continuità. Concorda con lui Voretzsch 1921. Sulla poca plausibilità dell’ipotesi di Meyer si esprime Bédier 1909, alle pp. 14-15, avanzando l’ipotesi che la canzone fosse stata trascritta estemporaneamente da uno scriba a cui aveva fatto difetto la memoria proprio in quei luoghi, quindi, secondo lo studioso: «nous avons sous les yeux les débris de deux strophes, primitivement régulières». Nella sua edizione, infatti, Bédier interrompe col v. 53 (qu’il ne li seient failliz) la V strofe – indicando in apparato una lacuna che il ms. non segnala –, e fa iniziare la VI (come lacunosa di due versi) con l’attuale v. 54 (Le Filz Deus al Creatur). Lo stesso fa Gelzer 1953, 1-2, che già nel suo articolo del 1928, 447, aveva tentato di ricostruire la forma strofica. Anche Schöber 1976, 71, che presenta il testo secondo l’edizione Gelzer 1953, si allinea sull’ipotesi di Bédier, pensando a un difetto di memoria del copista, presupponendo dunque l’assenza di un antigrafo scritto. Per ultimo si è occupato della questione Mölk 2001 il quale (sulla scorta di Bédier), nella edizione semi-diplomatica (p. 677) inserisce uno spazio dopo il v. 53, che il manoscritto non riporta, e nella edizione da lui stesso definita semi-critica (p. 684) riporta gli undici versi così come si susseguono nel manoscritto, senza alcun intervento. Tuttavia, anch’egli si rivela scettico sull’autenticità di tutti questi versi e si interroga se il distico di carattere escatologico 49 Deus ad un turnei pris / 50 entre Enfern e Pareïs, e il verso 53 qu’il ne li seient failliz, non siano entrati nella tradizione testuale in un secondo momento, a creare disordine in una strofe originaria. In nota, propone allora una quinta strofe ricostruita con i versi rimasti, cercando di ripristinare anche l’alternanza rimica della strofa iniziale e integrando le ipometrie, secondo il seguente ordine (la numerazione segue i versi del testo presentato in questa sede): 54 [Car] le fiz Deu al Creatur / 51 si mande trestuz ses amis: / 55 a Rohais estre ad mis un jorn / 68 pur la vengance deu furnir. / 56 La serunt salf li pecceur / 52 [cil] ki lui volent guarantir, / 61 ki bien ferrunt [e] pur s’amur / 62 irunt en cel besoin servir, cfr. Mölk 2001, 691.

54Il verso è settenario. Bédier 1909 integra con: [Char] le Filz Deus al Creatur (ma in apparato indica «cher manque»). Tischler 1997 lo segue.

61Il verso è un settenario: Bédier 1909 integra con [e] pur s’amur. Tischler 1997 lo segue.
ferrunt: il senso dei versi 61-62 si collega a quello dei vv. 49-50 della str. V: «Deus ad un turnei pris / entre Enfern e Pareïs». Il verbo ferir, usato anche assolutamente, indica qui ‘prendere parte a un torneo’, cfr. Godefroy, 3,756a: «Ferir un tournoi, ‘soutenir un tournoi’»; anche DMF, s. v. férir1 porta l’esempio tratto dal Perceforest: «Mais le preu chevalier se fery si tost au tournoy qu’ilz ne peurent parler a lui (Percef. III, R., t. 2, c. 1450 [c. 1340], 4)». In ogni caso il verbo offre l’idea di un accorrere, un confluire, verso un punto di ritrovo, cfr. DMF, ibidem: «(se) ferir qq. part, ‘Atteindre qqc./un lieu au term d’un mouvement plus ou moins rapide’», e FEW 3,456 s. v. ferire: «Afr. ‘aboutir, se diriger’». Bédier 1909 traduce ferrunt con «frapperont bien» e la sua interpretazione è stata ripresa da tutti gli editori successivi.

73-74Moïses ki gist el munt de Sinaï: Abbiamo già visto che Bédier 1909, p. 15 e con lui Dijkstra 1995, facendo riferimento al capitolo finale del Deuteronomio (XXXIV, 5, 6), in cui si dice che pensano che il poeta non dovesse avere una cultura religiosa. Lo identificano quindi con un cavaliere, piuttosto che con un giullare. Dello stesso parere Mölk 2001, 686. Bédier inoltre suggerisce che il suo interesse per la figura di Mosé (si veda anche al v. 76) potrebbe essere stato acceso dai racconti sul convento di santa Caterina sul monte Sinai; nella parte meridionale della penisola del Sinai si eleva infatti il monte sacro di Mosé, legato alla memoria della consegna delle tavole della Legge (cfr. Es. 20,2-18). Della santità del luogo, che è anche quella del roveto ardente, e degli insediamenti monastici che si erano stabiliti lì fin dal IV secolo, fa cenno Egeria nel suo diario di viaggio (Itinerarium Egeriae, 4, 6-8), cfr. Franceschini-Weber 1958, pp. 29-103. Sulla presenza di Mosé nei semoni bernardiani, cfr. supra.

76la verge: Bédier 1909, 15, ha provato a verificare se il bastone di Mosé fosse nelle mani dei musulmani in occasione della seconda crociata, ma non ha scovato nulla che lo confermasse. Ha trovato tuttavia menzione della «verga di Mosé» in una testimonianza di Nicolas, abate del monastero benedettino islandese di Thingeyrar, che l’aveva vista custodita in una cappella di un palazzo a Costantinopoli intorno al 1150. Dopo di lui, l’arcivescovo di Novgorod, Antonio, precisò che si trovava nella chiesa di S. Michele del palazzo di Bucoléon, tra altre preziose reliquie. Dopo il sacco di Costantinopoli, nel 1204, la verga fu trasportata in Francia dove il vescovo Nevelon la posò nella cattedrale di Soissons per poi passare nel tesoro della Sainte-Chapelle: «En sorte que le voeu de notre poète fut exaucé» (Bédier si richiama a quanto riportato da Riant, Exuviae Costantinopolitanae, Genève 1878, t. II, pp. 214 e 223 e passim). Sulla questione si veda anche Mölk 2001, 691, nota ai versi.

79apro[e]f: grafia anglonormanna per l’avverbio ‘subito dopo, dappresso’, cfr. AND, s.v. aprof. Meyer 1874 e Bédier 1909, seguiti da Tischler pongono a testo la forma après.