Nella prima parte più tradizionale di questa chanson de départie, che mette a tema il dolore della separazione e la necessità della partenza, secondo uno schema inaugurato da Conon de Béthune ma perfezionato dal Castellano di Couci, Thibaut sfrutta l’approccio pessimista di quest’ultimo (si veda la canzone RS 679), per il quale la crociata è un dovere ineluttabile da affrontare con scarso entusiasmo poiché lo allontana dall’amore, con qualche riferimento anche alla canzone RS 1575 di Gautier de Dargies (attribuita da alcuni testimoni allo stesso Castellano di Couci). Nella quarta e soprattutto nella quinta strofe tuttavia il testo cambia di registro e approfondisce in modo innovativo il tentativo di conciliare l’amore per la dama con i valori della crociata, presente anche nella canzone del Castellano di Arras RS 140, 25-40: l’amore della dama rende il cavaliere valoroso e ardito, e le sue prodezze gli consentono di conquistare l’amore (motivo già forse accennato in Conon de Béthune RS 1125, 13-16). Thibaut giunge ad un’interpretazione più mistica che raramente si trova in questo genere di canzoni, grazie alla quale l’amore carnale viene superato o assorbito nell’amore divino (si veda anche la canzone religiosa RS 1410).

1 Sánchez-Palomino 2005, p. 181 evidenzia l’insolita sostituzione del vocativo Seignor, appello ai nobili francesi con il quale inizia la canzone d’esortazione RS 6, con Dame. Si tratta in effetti della sola canzone di crociata oitanica che comincia con questo vocativo, a sottolineare la particolarità del testo che dichiara da subito la sua natura di riflessione indirizzata alla donna amata; si noti anche la forte simmetria con il verso conclusivo che contiene due volte il sostantivo dame.

4-5Lo scarso amore per la terra d’Oltremare è un argomento sfruttato generalmente nelle chansons de femme, nelle quali la donna rimprovera Gerusalemme o la Terra Santa in generale di separarla dall’amato; si veda per esempio RS 191, 1-4.

6tant amant: si tratta di un singolare usato in espressioni che indicano una collettività, probabilmente analogo a maint baron attestato dallo stesso Thibaut de Champagne in RS 757, 5.

13-15La lezione dell’archetipo è probabilmente corrotta ed è verosimile che il problema risieda nel verbo durer, che si trova già in rima nella stessa strofe al v. 9 ed è preceduto da durement al v. 13. Le altre occorrenze reperibili del sintagma de joie avoir confermano infatti che esso si trova prevalentemente ad inizio verso come prolungamento sintagmatico del verso precedente, ma mai con il verbo durer. Ci si attenderebbe invece un verbo con il significato di “desiderare, ritenere, sperare”. Si potrebbe pensare a cuider, secondo la grafia adotatta da Gace Brulé in numerosi casi simili, ma in Thibaut de Champagne si trova sempre cuidier, soprattutto in rima.

16Sull’uso di que come relativo generico anche per il dativo si veda Ménard, § 71.

17Il pronome personale li si riferisce con tutta probabilità all’amore, come già al v. 12. Se si trattasse infatti della dama, occorrerebbe spiegare come un artificio retorico l’alternanza con l’apostrofe diretta e il conseguente passaggio al vos del v. 20, che si riflette anche nelle lezioni alternative voz/ses al v. 24.

20Secondo Bédier questa formula esortativa è il corrispettivo indirizzato alla dama della formula di giuramento se je ja mès Dieu voie (oppure se Dieus me/vos voie).

25Per l’uso riflessivo di guenchir si veda TL IV, 732, 24-47, con esempi che attestano prevalentemente il senso di “voltarsi, deviare, schivare”, ma anche quello di “svoltare, volgersi contro, deviare verso” che sembra prevalere in questo verso (cfr. FEW XVII, 555), sottolineando la drammaticità della decisione del locutore e il suo senso di “rottura” con la prima parte, tanto più che proprio nei versi precedenti (17-20) era emersa con più forza la tensione tra amore e dovere, con il poeta che dichiarava di partire controvoglia (a enviz) e con la certezza di perdere per sempre la gioia. Tale rottura risulta simmetrica e speculare a quella operata nella canzone di esortazione RS 757, le cui ultime due strofi virano repentinamente verso il tema amoroso.

27La ricca ricompensa alla quale l’autore si riferisce è evidentemente il paradiso; basti ricordare che l’aggettivo flori si riferisce spesso alla descrizione del mondo celeste, come dimostra l’espressione camp flori usata in questo senso nella canzone di crociata occitanica di Falquet de Romans BdT 156.12, 19 (altri esempi in TL III, 1945, 22-33 e God 8, 629bc).

30pere Jhesu Criz: per quanto possa apparire curiosa, tale formula è ampiamente attestata nella letteratura francese medievale. È probabile che non si tratti di un’assimilazione delle persone del Padre e del Figlio della Trinità, quanto piuttosto di un uso di pere col senso di “amico paterno”, “protettore” assai frequente nella lingua medievale.

33-40Come si è già messo in evidenza, questa strofe è omessa dai mss. PV; ma le caratteristiche specifiche dell’ultima strofe, alla luce della rilettura di questo componimento nel contesto dell’intera produzione del re di Navarra, mi paiono piuttosto confermare l’attribuzione a Thibaut proposta dai testimoni del Liederbuch. Il dovere verso Dio diventa infatti desiderio di servirlo fino alla proclamazione della superiorità dell’amore di Dio sull’amore per la donna, con toni più decisamente religiosi e a volte persino di stampo clericale. Non si tratta più dunque di un conflitto tra amore e dovere, ma del passaggio da un tipo d’amore ad un altro più elevato che non ha molti riscontri nella lirica oitanica e nelle canzoni di crociata in particolare, che tuttalpiù tentano di conciliare l’amore alla dama con la partenza per la crociata, come si è già sottolineato. Indipendentemente da ogni questione attributiva, sembra evidente che la redazione di PV non contempli questa novità radicale, questo sincretismo poetico che parrebbe invece corrispondere alla personalità letteraria del re di Navarra.

36La lezione accolta a testo sembra indicare che l’opzione per il servizio divino è radicale e implica anche l’adesione affettiva dell’autore, benché questo sembri in contraddizione con quanto affermato precedentemente al v. 28. Il relativo qui è certamente un dativo (Ménard, § 67), come dimostra anche la variante cui di M^tT.

37Benché la formula possa apparire ambigua, mi sembra ovvio che l’amore del quale parla l’autore sia in questo caso l’amore divino, che viene preferito all’amore umano.

38La forma impersonale covient si trova già al v. 1, ma qui indica una reale convenienza più che un dovere imposto e subito. Dal punto di vista sintattico questo verbo può essere seguito da un sostantivo al caso regime, come in questo caso, anche in assenza del pronome soggetto il e sebbene tale sostantivo funga da soggetto logico dell’infinito (si veda Ménard § 124, p. 123 e gli esempi di TL II, 981, 33-50). Il deittico là si riferisce a iceste amor del v. 37 e sottolinea la preferenza da accordare all’amore divino nel dilemma che attanaglia ogni “crociato innamorato”, secondo la formula ben espressa per esempio da Hugues de Berzé (si veda RS 1126, 25-32, ma anche RS 1729, 1-4). L’espressione venir par là, letteralmente “passare attraverso”, non indicherà in questo caso un mero transito, ma piuttosto un punto di arrivo obbligato, com’è suggerito dalla presenza dell’impersonale covient.

40L’espressione pechiez puanz, tipica dei testi morali, si trova anche nella canzone RS 273, 44.

41-44Anche in questo caso, come già nelle canzoni RS 6 e RS 273, il congedo è indirizzato alla Vergine Maria, verso la quale Thibaut mostra una venerazione speciale.

44Formula sintetica dalla simmetria estremamente efficace che sintetizza il passaggio dall’amore cortese all’amore divino: alla perdita di una donna carnale rimedia un’altra donna celeste