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Ekaasan, come stai? - Yvonne Awotula

I speak English, Yoruba and I am becoming fluent in Italian! I guess we can call this story an intriguing or odd fusion of culture - kind of like me. I am always greeted with surprise (and even admiration) when I say that I study Italian, considering it is not as commonly taught amongst the modern foreign languages; and arguably the biggest thing of all, I am a Nigerian woman from South London.

This story is the beginning of an adventurous voyage for our protagonist. It touches on commonly diffused ideas and tropes surrounding travel such as airports being regarded as ‘non-places’ and even the romanticisation of home. The protagonist is in a foreign place finding their feet - and even possibly love. There are a thousand different possibilities for how the love interests meet but I imagine the mystery suitor says “Ekaasan, come stai?”

Below is Yvonne's story. Don't forget to use the questions in the downloadable PDF files on the righthand side of the page to stimulate discussions.

Senza pensarci due volte, i miei genitori mi hanno comprato un biglietto aereo. Stavo andando all’aeroporto di – beh, è davvero importante? Tutti gli aeroporti sembrano uguali. Non ci sono molte differenze. Tante persone – tutte di fretta – le grandi finestre e le luci luminose. Le grandi macchine volanti abbelliscono il cielo esterno. Secondo me, questo è l'unico aspetto redimibile di questo posto (se così lo possiamo chiamare).

 

“Questa è l'ultima chiamata per il gate 42, tutti i passeggeri per Lagos, Nigeria” “this is the final call for gate 42, all passengers for Lagos, Nigeria”. Il mio volo. Non volevo andare ma la scelta era stata fatta. Camminavo verso il gate per imbarcarmi sull’aereo. Con ogni passo più pesante di quello precedente, infine, ero arrivata al mio posto; dopo aver passato tutte le persone che fissavano, oltre che l'odore del caffè e tutto il percorso al gate. 15E: quello era il mio posto. Mi accasciai sul sedile e chiusi gli occhi; desiderando, sperando, che questo fosse tutto un sogno. L'unica cosa che mi veniva in mente erano le belle strade veneziane, i canali e la cultura, le strade piene di turisti e il profumo dei bigoli in salsa. Venezia è un luogo magico e quanto desideravo tornarci. Altre immagini della città inondarono la mia mente. Poi ricordavo Bologna, la dolce Bologna. La scorsa estate ci ero andata con i miei amici. Era incredibile, il paesaggio era praticamente tutto rosso, una città piena di cultura e tanta storia dietro ogni portico.

 

“Excuse me, excuse me,” sussurrò una voce picchiettandomi leggermente sulla spalla. Alla mia destra, c’era una giovane donna sorridente, mi disse "We’ve landed, didn’t you hear the clapping?"

 

“No, sorry”

 

“Well, you can leave the plane now”

 

Ero stata accolta nella sezione arrivi da un uomo, alto e scuro con la pelle liscia e marrone. "Ciao, sewa?"1 Che cosa! Non avevo mai sentito niente di simile.